E’ TEMPO D’INVESTIMENTI PER LE PMI?

La domanda del titolo che apre questo intervento può suscitare qualche perplessità, stando alle condizioni economiche (ma anche politiche) in cui versa l’Italia: perplessità in parte condivisibili anche dallo Studio, che pure da anni promuove lo sviluppo delle PMI attraverso gli investimenti ritenuti necessari per mettere le aziende in condizione di competere nel mercato sempre più globalizzato.

Premesso ciò, si ritiene utile per l’imprenditoria approfondire  la questione che ci occupa, dando la giusta rilevanza, su questo sito, a certe affermazioni da parte di organi istituzionali dell'U.e., anche se la politica interna, in questi giorni, è impegnata nella discussione riguardante l’emissione dei «mini Bot» con i quali lo Stato vorrebbe pagare i debiti commerciali che ha verso le imprese. I mezzi d’informazione, dunque, dando ampio spazio alle proposte governative  hanno trascurato le notizie rassicuranti circa la possibilità per le aziende di accedere agli strumenti che ne consentono gli investimenti.  

La recente riunione del Consiglio direttivo della Bce - secondo quanto riportato dal prof. Francesco Giavazzi (Corriere della Sera 7 giugno 2019) – ci ha dato «una lezione di realismo e di determinazione» sui rischi (causati in primis dall’introduzione dei dazi) incombenti sull’economia mondiale e che potrebbero colpire anche l’eurozona, inducendo gli imprenditori a non investire. Alla tesi sostenuta da alcuni, secondo cui la Bce nulla potrebbe fare in caso di crisi, si contrappone l’affermazione di Mario Draghi, il quale non esclude, in caso di necessità, l’ulteriore abbassamento dei tassi d’interesse e la concreta possibilità,  da parte del Consiglio direttivo,  di «riprendere gli acquisti di titoli, il cosiddetto QE» (in altre parole l’intervento della Baca centrale sul sistema finanziario ed economico di un Paese membro dell’U.e., al fine di aumentare l’euro in circolazione), nonché l’impegno a non modificare i tassi stessi sino all’estate del prossimo anno.

Quello della Bce è, tutto sommato, un messaggio che si basa sulla promessa di mantenere ampia liquidità, riducendo il rischio di crisi finanziaria in Italia. Su questo solido fondamento è possibile riprendere il discorso degli investimenti da parte delle PMI.

Lo Studio di recente ha promosso due «Progetti»: il primo volto alla crescita della produttività delle società di capitali, il secondo al risanamento aziendale anche delle società di persone e delle imprese individuali. Nessuno di essi ha però suscitato molto interesse fra gli imprenditori. Le ragioni di ciò possono essere duplici: o non siamo stati sufficientemente capaci di convincere le stesse società riguardo all’importanza di avvalersi di unproject manager in grado realizzare progetti, in tempi e costi prestabili, facendosi carico di reperire le risorse umane e finanziare, oppure gli imprenditori, a buon diritto, diffidano, a causa di una pregressa esperienza negativa, della sopradescritta figura professionale, invero poco conosciuta e perciò poco apprezzata nel panorama della produzione italiana di beni e servizi. Quanto al risanamento di tutte le aziende che hanno delle criticità, non sempre palesi e quindi maggiormente insidiose per il loro futuro, più volte e in più circostanze abbiamo sostenuto che il professionista, che all’occorrenza presta aiuto all’impresa in crisi economica finanziaria, la sua prestazione sia da comparare a quella del medico che cura il paziente malato.

Ritorniamo agli investimenti con impiego di capitali propri o reperiti sul mercato e alle condizioni per accedere ai finanziamenti pubblici anche a fondo perduto, che diano alle PMI l’opportunità di realizzare quanto sopra detto, ma anche alle strategie che consentano all’imprenditore di porre in essere il piano di risanamento la cui finalità è il ripristino dell’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario della propria azienda; e riponiamo contemporaneamente l’originaria domanda:  «E’ tempo d’investimenti per le PMI?» e, perché no, è sempre necessario operare il salvataggio delle imprese in crisi?. La risposta, sia pure con qualche sfumata riserva dovuta non alla situazione del nostro Paese ma semmai alla condizione soggettiva e oggettiva in cui può versare la singola azienda, è assolutamente affermativa. Dirà (o penserà) qualche imprenditore che ci legge che il «Progetto crescita» riservato alle società di capitali si caratterizza per la scarsa probabilità di realizzazione e comunque per l’inutilità della crescita in una economia stagnante. Se così fosse, dovremmo concludere sostenendo che ogni cambiamento dei modelli organizzativi dell’impresa non sortirebbe alcuna apprezzabile acquisizione di nuove fette di mercato. Le aziende, invece, molto realisticamente devono guardare al futuro, a ciò che il mercato chiede, a quei prodotti o servizi che diventeranno sempre più indispensabili in una società anche tecnicamente più evoluta, e di conseguenza adottare quelle strategie innovative dotandosi di collaboratori in grado di attuarle.

Anche il «Progetto risanamento» si presenta come mezzo necessario per salvare il salvabile dell’impresa che, altrimenti, rischierebbe il fallimento, con tutte le prevedibili conseguenze dannose per l’impresa stessa e anche per i suoi creditori.

Concludiamo dicendo che siamo qui per ascoltare ogni richiesta che dovesse pervenirci da parte delle PMI, di valutare ogni idea progettuale, di dare sempre risposte esaustive.

giugno 2019

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