Pietro Fulciniti
SCRITTI DI DIRITTO ED ECONOMIA AZIENDALE
PARTE TERZA
IL CARATTERE VIVENTE DELL’IMPRESA SUL PIANO SOCIALE
SEZIONE II - ASPETTI FISIOLOGICI E PATOLOGICI DELL’IMPRESA
Capitolo Quarto – Le patologie dell’impresa: Aspetti particolari: declino e crisi.
Sommario: Premessa – 1. La tipizzazione del declino e della crisi dell’impresae le cause scatenanti – 2. I soggetti colpiti dalla crisi dell’impresa.
Premessa – Proseguendo nel percorso iniziato nel Capitolo Terzo, dobbiamo inoltrarci adesso nell’analisi della crisi dell’impresa, evento studiato dai giuristi ed economisti nell’ambito delle patologie che possono manifestarsi nel corso della sua esistenza, determinandone squilibri nei fattori produttivi, ossia nel capitale ([1]), nel lavoro ([2]) e nell’organizzazione ([3]), secondo la classificazione fatta dall’economista francese Jean Baptiste Say. L’analisi mira a far conoscere, soprattutto all’imprenditore meno esperto o meno avveduto, le conseguenze delle patologie sull’azienda, e le strategie («terapie») da porre in essere al fine di evitarne il fallimento. Ma chi professionalmente è in grado – previa accurata indagine conoscitiva dell’insieme delle disfunzioni - consigliare la cura più idonea a riequilibrare lo stato di salute dell’impresa? Fermo restando che l’imprenditore può decidere se accettare o meno, per la propria azienda, il trattamento terapeutico consigliatogli alla stregua di quello del medico nei confronti del «paziente uomo», non è lui però il soggetto dotato di competenza tecnica, in grado di formulare pareri adeguati al grado di criticità che affligge l’impresa.
1. La tipizzazione del declino e della crisi dell’impresae le cause scatenanti – La crisi che può colpire un’impresa – nell’ambito della sintomatologia che ne accompagna lo stato patologico – può avere un provenienza esterna, quando è riconducibile a fatti di carattere macroeconomici, ad eventi straordinari non prevedibili, alle dinamiche del settore in cui l’impresa è presente; ma può anche maturare all’interno dell’azienda, determinandone un acutizzazione graduale o improvvisa. Con riferimento a quest’ultima, è stato individuato un duplice approccio: «soggettivo» e «oggettivo» ([4]). Gli studiosi della materia distinguano la situazione di «declino» dalla situazione di «crisi», che possono, ambedue, danneggiare l’impresa. Si ha declino quando l’impresa va incontro a un deperimento di valore nel tempo, a tal punto da comprometterne l’esistenza in assenza di adeguati interventi correttivi di tale tendenza. Uno dei correttivi, forse il più efficace, è il turnaround, consistente nell’adozione di un piano di risanamento e di ristrutturazione dell’azienda, la cui finalità è quella di evitarle la crisi. Dunque, questa si appalesa, in assenza di adeguate azioni correttive, come fatale evoluzione del declino. Il percorso, che ha come traguardo la crisi, è strutturato – secondo l’autorevole dottrina che ha indagato nel campo economico-aziendale ([5]) – in quattro tappe (o «fasi»): le prime due sono inquadrati nello status di declino, gli altri due nello status di crisi. Il modello evolutivo della crisi d’impresa contiene i seguenti stadi: 1) Incubazione: si manifesta per i segnali di decadenza e squilibrio economico-finanziario; 2) Maturazione: si caratterizza per le perdite reddituali e per la diminuzione del valore del capitale economico; 3) Ripercussione delle perdite sui flussi di cassa: essi, man mano che cresce la crisi, diventano negativi sino a far diminuire la fiducia ed affidabilità dell’impresa; 4) Esplosione della crisi: essa genera una situazione d’insolvenza che non consente all’impresa l’adempimento delle proprie obbligazioni, danneggiando i soggetti coinvolti nell’iniziativa economica (clienti, fornitori, finanziatori, ecc.). ([6]). In tema di crisi dell’impresa, altri autori danno la seguente classificazione: a) crisi a localizzazione definita: è generata dal degrado facilmente identificabile e rapidamente rimuovibile. Gli interventi hanno come finalità la chiusura di operazioni, o cicli di management, la cessione di partecipazioni in perdita, l’abbandono di produzioni non economiche e la sostituzione di impianti tecnologicamente obsoleti. b) crisi di tipo congiunturale: è provocata dagli effetti dei «cicli economici» ([1]). Nel corso della congiuntura si tende a ridurre il volume di attività comprimendo i costi. c) crisi dovute a perdita di vitalità del sistema aziendale: la causa è dovuta al logoramento della competitività, rendendosi pertanto necessario dare impulso a nuove strategie d’impresa. d)crisi di tipo strutturale: sono prodotte dalle difficoltà del settore in cui opera l’impresa in conseguenza del potere contrattuale dei soggetti con cui essa ha rapporti (acquirenti e/o fornitori), ovvero alla competizione delle imprese di altri Paesi. e) crisi di tipo finanziario: le difficoltà sono originate dagli errori commessi dall’imprenditore nella sfera finanziaria ([7]).
Il quadro appena descritto può prefigurare un possibile stato di tensione o paura sociale provocato dalla crisi dell’impresa, analogamente al timore per le malattie epidemiche che possono colpire l’uomo.
2. I soggetti colpiti dalle crisi dell’impresa – E’ corretto affermare che «le crisi» che si sviluppano in ambito imprenditoriale trovino una principale distinzione in «crisi da rigidità» e «crisi da inefficienza» ([8]). Quelle da rigidità sono conseguenti all’incapacità del’impresa di reagire alle mutate condizioni ([9]) che impediscono ai costi di produzione di adattarsi, nel breve periodo, alle diminuzione delle domande. Sono definite «cause congiunturali» ([10]), dipendenti da fattori esterni con cui l’impresa interagisce (esempi: materie prime, energia, instabilità dei cambi monetari e dei tassi finanziari). Le crisi da inefficienza, nascono in campo interno all’impresa e si rivelano quando «una o più aree della gestione operano con rendimenti che non sono in linea con le loro specifiche potenzialità ([11]). La definizione è di «cause strutturali» di tipo «quantitativo», quando vi è un eccessivo ricorso al credito; di tipo «qualitativo», quando si ricorre a forme di finanziamento eccessivamente onerose; di «carattere organizzativo e strutturale» ([12]).
Possiamo concludere dicendo che le criticità che indeboliscono le energie economico-finanziarie dell’impresa, cagionano in primo luogo danni reversibili nelle sue capacità produttive (quando non più gravi, quale può esserne il fallimento); vi è poi un coinvolgimento anche di altri soggetti che ne sono colpiti: primis i creditori che rischiano di non veder soddisfatti, nei tempi previsti, i propri crediti. Sicché il rimedio diventa di tipo opzionale, vertente tra «ristrutturazione» o «liquidazione dell’impresa». La prima ipotesi è finalizzata al salvataggio dell’impresa, ponendo in essere - previa analisi della cause scatenanti - delle operazioni influenti sulla natura industriale e finanziaria della gestione, tenendo conto degli interessi sia dei debitori sia dei creditori; la seconda attiene alle procedure concorsuali di cui parleremo nel prossimo Capitolo. Altri soggetti coinvolti nella crisi dell’impresa sono i lavoratori dipendenti i cui salari e stipendi non vengono più corrisposti dall’imprenditore, con consequenziale ricorso alle provvidenze all’uopo previste, quale la Cassa integrazione guadagni, se non addirittura al licenziamento. Infine, in rapporto alle dimensioni del’impresa e delle sue relazioni con altre aziende, la crisi può coinvolgerle, proiettandosi, talvolta, sull’intero «sistema economico di un determinato ambito di riferimento», con pregiudizio «della stabilità di tale sistema economico ([13]).
(1) - Il capitale si compone del denaro e dei beni produttivi. Il capitale si distingue in fisso e capitale circolante. Il primo può essere impiegato in più cicli produttivi, essendo costituito da edifici e terreni, macchinari, strumenti di lavoro, ecc.. Il secondo è, invece, utilizzato in un unico ciclo produttivo, essendo costituito da denaro, materie prime, energia, ecc ). La retribuzione economica del capitale è l'interesse.
(2) - Il lavoro è composto dall’insieme dei lavoratori dipendenti o subordinati che mettano a disposizione dell’impresa le energie fisiche o intellettuali all'impresa in cambio di un importo di denaro detto salario nelle attività manuali e stipendio nelle attività intellettuali. Esso è considerato uno dei fattori originari del processo produttivo. La retribuzione economica del lavoro è il salario e lo stipendio.
(3) - L'organizzazione è la combinazione efficiente dei fattori produttivi (capitale e lavoro). E’compito dell’imprenditore definire l'organizzazione dei fattori produttivi.. Da essa deriva il successo economico o meno dell'impresa sui mercati. La retribuzione economica dell'organizzazione è il profitto.
(4) – Nel primo approccio è stato visto «nel comportamento del management aziendale il motivo principale del declino e della crisi, per cui rimuovendo tali soggetti si rimuoverebbero le cause di inefficacia e inefficienza»; nel secondo è stata individuata «una serie di cause che oggettivamente possono essere responsabili del declino o della crisi d’impresa, come il posizionamento, strategie errate, eccessi di produzione o mancanza di pianificazione. Queste cause sono state viste come «il risultato delle azioni intraprese dai vertici aziendali», sicché entrambi gli approcci «non sono altro che facce delle stese moneta» Cfr. Sottoriva C.,Crisi e declino dell’impresa, Milano, 2012, pp. 23 ss;. Palombi E., La crisi dell’impresa e le sue fasi. Analisi dei diversi stadi delle patologie aziendali, in Corporate, ottobre-dicembre 2014, p. 60.
(5) – Cfr. Guatri L., Turnaround: declino, crisi e ritorno al valore, Milano, 1995;
(6) – Cfr. Sottoriva C., op. cit. p. 32.
(7)– Vedi Piseddu A.,(a cura di)Crisi della Società e Strumenti di Risanamento nell’evoluzione normativa, in Master in Consulente legale d’impresa – Prospettive nazionali e internazionali, LUISS – Business School, p. 3.
(8) – Cfr. Patti A., Istruttoria prefallimentare e poteri di controllo sulla crisi dell’impresa, in Il Fallimento, 1998.
(9) - Cfr. Sciarelli S., La crisi d’impresa: il percorso gestionale e il risanamento nelle piccole e medie imprese, Padova, 1995.
(10) – Così Patti A, op. cit.
(13) – Così Piseddu A., op. e pag. cit.
_____________________
Bibliografia(limitata alle opere italiane e a quelle tradotte): Airoldi G., Brunetti G., Coda V,Corso di economia aziendale, Bologna, 2005; Andrei P. – Bisacchi A. - Fellegara A. M. – Pezzani F., Crisi d’impresa e procedure concorsuali, Milano, 1996; Appetiti S., L’utilizzo dell’Analisi Discriminatoria per la Previsione delle Insolvenze: Ipotesi e Test per un’Analisi Dinamica, in Servizio Studi delle Banca d’Italia , Roma Temi di Discussioni; Bertoli G. Crisi d’impresa , ristrutturazione e ritorno al valore, Milano, 2000; Ib., Anatomia di un dissesto, Milano, 2004; Bianche A. Crisi d’impresa e risanamento, Milano, 2010; Coda V., Crisi d’impresa e comportamento direzionale, in AA. VV. Crisi di impresa e sistemi di direzione, Milano 1977; Confalonieri M., Le cause dei dissesti aziendali, in Finanza, Marketing e Produzione, vol. 9, 1993; Danovi A., Crisi d’impresa e risanamento finanziario nel sistema italiano, Milano, 2003; Danovi A. – Indizio G.,Verso una definizione di crisi e risanamento, inDanovi A. – Quagli A., Gestione della crisi aziendale e dei processi di risanamento, Milano, 2008; Forestieri G., La previsione delle insolvenze aziendali: profili teorici e analisi empiriche, Milano, 1986; Guatri L., Crisi e risanamento delle imprese, Milano, 1986; Guatri L, Turnaround: declino, crisi e ritorno al valore, Milano, 1995; Hicks. J.R.,Contributi alla teoria del ciclo economico (trad. italiana), Milano 1952;Ingrao, B., Il ciclo economico, Roma 1985;Medio, A., Teoria non lineare del ciclo economico, Bologna 1979; Moliterni R.,Dalla fisiologia alla crisi d’impresa: Diagnosi dei processi degenerativi e misure di prevenzione, Verona, 1999; Palombi E., La crisi dell’impresa e le sue fasi. Analisi dei diversi stadi delle patologie aziendali, in Corporate, ottobre-dicembre 2014; Piciocchi P., Crisi d’impresa e monitoraggio di vitalità, Torino, 2003; Piseddu A.,(a cura di)Crisi della Società e Strumenti di Risanamento nell’evoluzione normativa, in Master in Consulente legale d’impresa – Prospettive nazionali e internazionali, LUISS – Business School; Reboa M., Le dismissioni di unità aziendali nei processi di ristrutturazione, Milano, 1996; Schumpeter, J. A.,Teoria dello sviluppo economico (trad. italiana), Firenze 1971; Sciarelli S., La crisi d’impresa: il percorso gestionale e il risanamento nelle piccole e medie imprese, Padova, 1996; Sottoriva C., Crisi e declino dell’impresa, Milano, 2012;