SCRITTI DI DIRITTO ED ECONOMIA AZIENDALE

PARTE SECONDA

LA STRUTTURA OPERATIVA DELL’IMPRESA –

SEZIONE II -  ASPETTI FISIOLOGICI E PATOLOGICI DELL’IMPRESA

Capitolo Secondo – La fisiologia dell’impresa: l’impresa sana.

di Pietro Fulciniti

Sommario: Premessa -  1. Il profitto come indicatore dello stato di salute dell’impresa – 2. L’economicità come manifestazione della ricchezza che l’impresa produce – 3. La ricchezza quale metro per misurare lo stato di salute dell’impresa.

 

A conclusione del precedente Capitolo abbiamo anticipato – con riferimento alla questione etica dell’impresa – che lo stato di salute di essa non può essere misurato – alla luce del pensiero degli illustri economisti ivi citati – con il metro della sua eticità. Riprendiamo il discorso con l’intenzione di giungere ad una soddisfacente conclusione.

L’impresa - ancorché studiata come sistema organico caratterizzato (traendo spunto dalla scienza biologica) da un ciclo vitale che va dal concepimento alla nascita alla morte, attraverso le fasi del possibile sviluppo, della maturità e del declino – non necessariamente è in grado di manifestare una condotta etica alla stregua dell’uomo nei rapporti con i propri simili, sì da precluderne la ragione per la quale essa è nata, cioè per produrre beni e servizi e incrementare il proprio profitto, il quale non contrasta con «l’utilità sociale», se non quando l’iniziativa privata e l’esercizio concreto dell’impresa non assumano il carattere dell’abuso di posizione dominante, in evidente contrasto con la libera concorrenza del mercato.

 

1 . Il profitto come indicatore dello stato di salute dell’impresa – Al momento del concepimento dell’impresa già colui che sarà imprenditore mira al profitto futuro: è l’unica molla che lo spinge ad organizzare il complesso di beni necessari all’esercizio dell’impresa che non abbia finalità sociali; tuttavia, i beni stessi solo in «nuce» rivelano il grado di salute della concepita impresa. Il capitale ([1]) e il lavoro ([2]) - volendo considera due dei fattori - possono anche non produrre profitto ([3]), nell’arco temporale in cui l’impresa è presente nel mercato, soprattutto nella fase iniziale, o di stagnazione economica del Paese in cui essa produce beni o servizi, considerando ciò, nel breve periodo, come un evento fisiologico, ma in quello lungo come dato che conduce (o può condurre)  alla sua uscita dal mercato.

La differenza fra il costo della produzione e il profitto che ne deriva può essere minimo, e allora la condizione di salute dell’impresa è precario. Manca, in capo all’imprenditore, lo stimolo a programmare nuovi investimenti in funzione dell’acquisizione di nuove fette del mercato. Di contro, quando il profitto è massimo (e ciò può realizzarsi -  con delle ovvie variabili - tanto in regime di monopolio, quanto nel regime di libera concorrenza), si parla, appunto, di «massimizzazione del profitto», intesa, in sintesi, come l’azione che rende massimo il divario fra i ricavi totali derivanti dalla vendita del bene o dal servizio prodotto dall’impresa e i costi totali per la sua produzione. La razionalità dell’imprenditore (definito dalla teoria economica classica homo oeconomicus)  lo spinge sempre di più ha ottenere maggiore profitto a costi invariati o minori, conferendo alla sua creatura (l’impresa), quello stato di salute che è alla base del processo produttivo.

 

2. L’economicità come manifestazione della ricchezza che l’impresa produce – Un altro dato che ne evidenzia lo stato di salute è la capacità di massimizzare l’utilità delle risorse «tangibili» ([4]), «intangibili» ([5]), «umane» ([6]) , tutte insieme impiegate dall’impresa nel processo produttivo. E’ utile a questo punto accennare al «principio dell’economicità» che impronta la vita dell’impresa e ne regola la condotta da seguire nel rispetto della «durabilità» ([7]) e dell’«autonomia» ([8]), intesi come caratteri propri dell’azienda. Attraverso l’economicità, l’impresa manifesta fisiologicamente l’attitudine a generare ricchezza ([9]). Benché essa non venga considerata, storicamente, come l’unico istituto generatore di ricchezza, tuttavia si può affermare che l’impresa, quando opera in un mercato libero, dominato dalla concorrenza, sia l’entità che abbia maggiormente contribuito al benessere e alla ricchezza di un Paese. Si crea un circolo virtuoso: la condizione di salute dell’impresa, che si combina con la massimizzazione del profitto e con la capacità di massimizzare l’utilità delle suddette risorse, in funzione dell’incremento del processo produttivo di beni e servizi immessi nel mercato, fa sì che esso genera, a sua volta, ricchezza sociale, quindi una maggior propensione ai consumi (di beni e di servizi), con il risultato finale di un vantaggioso ritorno all’impresa di nuova ricchezza.

Sul piano pratico, l’economicità afferisce al criterio della copertura dei costi di produzione con i ricavi della collocazione sul mercato dei beni o servizi, finalizzati alla remunerazione dei fattori produttivi ed ottenere un profitto. I tre fattori che determinato l’economicità sono, secondo le leggi e i modelli proposti dall’economia aziendale per amministrare al meglio l’impresa:

-  l’«efficacia», intesa come capacità dell’impresa di raggiungere gli obiettivi che si era prefissata;

- l’«efficienza», che l’impresa impiega quando utilizza in modo razionale le risorse a propria disposizione, allo scopo di raggiungere il massimo rendimento dei fattori di cui si avvale, riducendo al minimo gli sprechi e i costi non utili ([10]);

- l’«equilibrio», il quale deve essere presente per tutto il tempo in cui l’impresa è «viva» e «vegeta» (volendo usare un termine impiegato delle scienze biologiche), diversificandosi in più livelli: «aziendale», rappresentato dalle condizioni strutturali ed operative al fine di accrescerne la produzione e lo sbocco  di essa in misura di soddisfare la domanda; «economico-finanziario», consistente nell’idoneità dell’impresa di produrre un reddito sufficiente a remunerare il capitale investito, garantendole l’autofinanziamento, senza dover ricorrere, ad esempio, a quello bancario ([11]); «patrimoniale», si raggiunge quando i rapporti fra impieghi e fonti di finanziamento sono corretti, quando i rapporti fra capitale proprio e capitale di terzi sono ottimali, quando vi è equilibrio fra attivo immobilizzato ([12]) e attivo circolante ([13]); «monetario» è presente quando l’impresa è in grado di far fronte nel tempo ai pagamenti dovuti a vario titolo con i mezzi monetari disponibili.

 

3. La ricchezza quale metro per misurare lo stato di salute dell’impresa – Lo stato di salute degli esseri viventi (piante, animali, uomo) è certificato dall’assenza di patologie nei vari organi che li compongono. Anche nelle imprese tale condizione può essere rilevata dai comportamenti dell’imprenditore e dei suoi più stretti collaboratori (organi aziendali), aventi il potere/dover di decidere e dare attuazione alle strategie aziendali ([14]). Il punto di partenza per valutare la potenziale ricchezza di un’impresa è dunque la «strategia» deliberata e pienamente attuata dagli organi aziendali in possesso della competenza tecnico-amministrativa; il punto di arrivo è la verifica della condizione di salute posseduta dall’impresa ([15]), attraverso il reddito (avente grandezza economica) da essa prodotto.

Il reddito è un accrescimento del capitale impiegato nell’attività gestionale e produttiva dell’impresa; la sua utilità si manifesta sia nei confronti dell’imprenditore, sia nei confronti di tutti gli altri soggetti portatori di interesse (stakeholder) in quanto li tutela come investitori. Il reddito - quindi la ricchezza e lo stato di salute - può essere calcolato in un determinato periodo dell’attività produttiva dell’impresa («reddito d’esercizio»), nel qual caso esso è influenzato dai processi economici in atto; ma anche nell’arco di tutta la vita dell’impresa («reddito totale»), nel qual caso si calcola come risultato finale della sua attività produttiva ([16]).

 


[1] -  Con il termine capitale s’intende, nel linguaggio aziendale, il fabbisogno di risorse finanziarie indispensabile per l’avviamento e la gestione dell’impresa; quindi del processo produttivo durante la vita dell’impresa stessa. La fonte del finanziamento può essere duplice: ricorso al capitale proprio dell’imprenditore o dei soci, accesso al prestito erogato, generalmente dalle banche. Entrambi i finanziamenti rappresentano la struttura patrimoniale dell’impresa, e mentre la remunerazione del primo avviene sotto forme di partecipazione agli utili, il secondo dà luogo al pagamento di interessi a favore del soggetto finanziatore.

[2] - E’ il fattore della produzione che  maggiormente  ha dato luogo a dibattiti di natura politoco-filosofica ed economica, di cui non possiamo occuparci in questa sede, limitandoci a dire che il lavoro, come alta espressione delle capacità fisiche e mentali dell’uomo, trova disciplina giuridica nel Libro quinto del codice civile, che  all’art. 2094 definisce il prestatore di lavoro subordinato come colui il quale «si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore».

[3] - Com’è noto il profitto economico  è costituito dalla differenza fra il costo e il ricavo della produzione. Definito come grandezza residuale, il profitto si caratterizza per l’incertezza della sua entrata per l’imprenditore. Esso, dunque, è collegato al rischio d’impresa (rischio economico).

[4] -  Vi rientrano le risorse «fisiche» (immobili, macchine, attrezzature materie prime), e «finanziarie» (capitale dei terzi, capitale circolante), le quali ultime  hanno la capacità dì investimento.

[5] -  Sono da annoverare i brevetti, i marchi, le tecnologie, la cultura aziendale.

[6]  -  La loro importanza si fonda sui servizi e le attività svolti dai dirigenti e dipendenti in generale nell’ambito dell’impresa, sotto forma di competenze, conoscenze, capacità di analisi e di decisione.

[7] -  Si basa sul presupposto che essa duri, funzioni e possibilmente si sviluppi nel tempo, anche in un ambiente mutevole, assicurandone la continuità per l’attuale proprietà, quella futura e nell’interessa della collettività in generale.

[8] - Si basa sulla necessità che essa non debba ricorrere, sistematicamente, ad interventi di sostegno e di copertura delle perdite, se non in situazioni precarie, mediante l’intervento della mano pubblica, come nel caso di esenzioni fiscali.

[9] - Ciò presuppone che l’imprenditore abbia la capacità di creare rapporti positivi con tutti i soggetti aventi verso l’impresa interessi.

[10] - I giudizi di «efficienza» riguardano tutte le fasi del processo produttivo, dall’acquisto delle materie prime, alla produzione del bene o del servizio, alla vendita di essi.

[11] - L’obiettivo viene raggiunto quando l’impresa, nel corso dei alcuni esercizi, ha ricavi  superiori  ai costi, e quindi un utile.

[12] -  E’ costituito dagli elementi del patrimonio a disposizione dell’impresa per il medio/lungo periodo, utilizzabili più volete possedendone le caratteristiche di realizzo graduale e indiretto. L’attivo immobilizzato si suddivide in: a) immobilizzazioni immateriali, quali i brevetti, i marchi, gli investimenti in pubblicità, ricerca e sviluppo, ecc.; b) immobilizzazioni materiali, consistenti in fabbricati, impianti, automezzi, macchinari,, attrezzature, ecc.; c) immobilizzazione finanziarie, vi rientrano partecipazioni in altre società, concessione di prestiti a medio o lungo termine.

[13] - Esso evidenzia lo stato di salute delle finanze dell’impresa, è espressione dell’ammontare delle risorse finanziarie disponibili e non immobilizzate, al netto delle passività in breve. Insomma, svela la capacità dell’impresa si far fronte alle obbligazioni contratte a breve termine, mercé i flussi finanziari prodotti dalla gestione tipica (differenza fra i ricavi ottenuti dalla vendita di beni o servizi prodotti dall’impresa e i costi sostenuti per realizzarli.

 

[14] - Nelle impresa di media e grande dimensione (società di capitali), gli organi costituiscono la macrostruttura dell’azienda. Le unità organizzative  in essa presenti hanno collegamenti in senso «verticale» (microstruttura gerarchizzata, che definisce gli indirizzi generali dell’impresa; in senso «orizzontale» (microstruttura che traduce in obiettivi tali indirizzi); in senso «operativo» (microstruttura residuale composta di tutti gli altri collaboratori dell’imprenditore. Gli organi dell’impresa si distinguono inoltre tra «organi di linea», aventi potere decisionale (esempio l’assemblea dei soci e il consiglio di amministrazione); «organi di staff», svolgenti attività di consulenza ed assistenza a favore degli organi di linea.

[15] - La strategia aziendale, originariamente adottata dalle imprese, si è dovuta evolvere a causa della globalizzazione dei mercati, che ormai non conoscono più confini geografici, cui è seguita l’integrazione delle economie e una maggiore concorrenza fra le imprese; sicché, quella che un tempo si basava sulle doti personali dell’imprenditore, è ora caratterizzata dal processo di pianificazione e programmazione delle numerose ed eterogenee attività che l’impresa svolge allo scopo di utilizzare al meglio le proprie  risorse. La pianificazione  conosce una pluralità di fasi, qui elencate: 

a) definizione della missione aziendale; b) analisi della situazione di partenza; c) analisi dei punti di forza e di debolezza dell’impresa; d) definizione degli obiettivi finali e intermedi; e) formulazione delle strategie; f)  elaborazione del piano; g) esecuzione e controllo del piano.

[16] - Nella seconda ipotesi sono impiegate due procedure: una «sintetica», basata sulla differenza tra il capitale finale di liquidazione e il capitale di versato al momento della costituzione, tenendo conto dei dividendi pagati e delle riduzioni/aumenti del capitale sociale; l’altra «analitica», con due diverse metodologie: reddituale, determinato dalla differenza tra ricavi totali e costi totali; finanziario, determinatodalla differenza tra entrate totali e uscite totali, considerando il conferimento iniziale del capitale e gli aumenti/uscite del capitale relative a rimborsi o dividendi.

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