OCCORRE FARE CHIAREZZA
Il decreto legge 8 aprile 2020, n. 23, contenente, fra l'altro, misure urgenti in materia di accesso al credito, ha creato false aspettative e dato luogo a polemiche. Gli imprenditori attraverso i soggetti che li rappresentano, lamentano la scarsa chiarezza delle norme contenute nel d. l.. Poi, gli organi di stampa e i dibattiti televisivi, abbondano di critiche, non sempre fondate, dirette alla politica del Governo. Lucidamente Ferruccio de Bartoli (vedi l'inserto «L'economia» del Corriere della Sera del 27 aprile), lamenta lo stato d'animo e le reazioni di chi sperava nella «liquidità», per risolvere gli angosciosi problemi creati dal Covid-19, ma – continua – «a distanza di tre settimane l'erogazione dei finanziamenti alle aziende è ancora lontana». Nello stesso quotidiano è pubblicata l'intervista a Maurizio Casasco, presidente di Confapi, il quale ritiene che lo Stato debba garantire alle aziende risorse finanziarie da accreditare direttamente sui loro conti correnti: in altre parole erogazione di finanziamenti a fondo perduto.
Vogliamo, pertanto, dire la nostra a beneficio di chi legge la prima pagina del Portale.
Le misure adottate da Governo, necessitate dall'evento pandemico, non potevano non essere in linea con i Trattati dell'Unione europea. La deroga al Patto di Stabilità, che regola le politiche di bilancio degli Stati membri, fissando il limite di deficit/Pil al 3%, e al divieto di concedere ad una o più imprese denaro pubblico che possa determinare il distorcimento della concorrenza nell'ambito del singolo Stato o rispetto agli altri Paesi dell'U. e., non saranno «una potenza di di fuoco», come affermato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ma di certo servono a dare ossigeno alla imprese in affanno a causa della forzata sospensione delle attività produttive; non hanno, però, la finalità di sanare le eventuali pregresse «crisi», «insolvenze» o «sovraindebitamento», per i quali è necessario attingere ad altre fonti di finanziamento.
Quanto alla tempistica, Il decreto liquidità, entrato in vigore il 9 aprile, è diventato operativo dopo che il Governo ha avuto il via libera della Commissione europea, arrivato il 13 aprile; poi vi è stato il procedimento di definizione dei rapporti fra banche, Sace e Fondo centrale di garanzia. Infine l'A.B.I. ha inviato alle banche associate delle circolari nella materia di che trattasi, l'ultima delle quali è datata 24 aprile.
Tutto chiaro? Forse, per gli addetti ai lavori; non certo per la maggioranza degli imprenditori. Chi è a capo di una piccola impresa (artigiano, commerciante, agricoltore, ecc), che deve badare al lavoro in prima persona o controllare l'operato dei propri dipendenti, non ha né il tempo, né la vocazione per addentrarsi nei meccanismi, spesso farraginosi, per interloquire con le banche, il fisco, gli organi della pubblica amministrazione in generale. Il discorso si può attenuare con riferimento alle media impresa che dispone di collaboratori interni, qualificati manager in grado di assistere l'imprenditore nei rapporti o nelle scelte più complesse. Ove vi sia carenza di tale cooperazione, l'azienda deve (o dovrebbe) farsi supportare da professionisti esterni capaci di consigliarla ed assisterla.